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Il cambiamento inevitabile

Spesso si sente parlare di cambiamento climatico e quasi mai si ha un’idea chiara di quello che sta ad indicare. Quasi sempre lo si associa al caldo, al freddo, all’assenza “delle mezze stagioni”. In realtà è molto altro e molto più complesso di quello che ci si può aspettare.

Molti sono i parametri che ci permettono di determinare il cambiamento climatico tra cui

temperatura, incidenza degli UV, aumento dei gas serra, pH, diminuzione dell’ossigeno,

innalzamento del livello del mare etc.

Ma attenzione, questi parametri hanno sempre avuto delle oscillazioni durante la lunga storia della terra. Quello che oggi preoccupa coloro che studiano approfonditamente tale fenomeno è la

velocità, il tasso di variabilità molto più elevato che in altre epoche storiche.

Già dal 1992 le nazioni unite definirono il cambiamento climatico come: “un cambiamento del

clima attribuito direttamente o indirettamente all'attività umana che altera la composizione

dell'atmosfera globale e che si aggiunge alla variabilità climatica naturale osservata in periodi di

tempo comparabili”.

Solo negli ultimi anni abbiamo iniziato a percepire il clima come una problematica che si

ripercuoterà sulle nostre vite e non solo sulla natura, ormai, allo strenuo delle forze.

Esatto, perché in primis il cambiamento climatico sta impattando la sopravvivenza di specie animali e vegetali, così come la qualità degli habitat in cui troviamo tali organismi. Parlare delle

problematiche ambientali, però, a nessuno frega.

Ma noi siamo controcorrente e ne parleremo proprio in queste righe per dare uno schiaffo

all’egoismo, per cercare la sensibilizzazione nelle piccole scelte di ogni giorno, non solo per

migliorare il nostro avvenire.


Vediamo di frequente foto come questa:


L’orso polare, in “scientifichese” Ursus maritimus è un pò l’emblema del cambiamento climatico in artico. Ma spesso davanti a queste foto ci si ferma, le si guarda, perché effettivamente stiamo parlando di un animale carismatico e non di un pescetto insignificante, e poi si passa oltre. Non sappiamo infatti il reale motivo di questa condizione.

Ed eccovelo spiegato: questa sua odierna condizione deriva dalle abitudini alimentari. Avete presente il detto: “Siamo ciò che mangiamo”?? In questo caso sarebbe più appropriato dire: “Siamo come mangiamo.” L’Ursus maritimus, per cacciare, in passato, vagava sul ghiaccio in attesa che le foche tornassero a respirare in superficie.

Con lo scioglimento del ghiaccio artico, problema particolarmente sentito negli ultimi decenni, gli

orsi sono costretti a nuotare molto di più e per molto più tempo per cercare una fonte di cibo. Dai

dati viene riportato che addirittura possono nuotare in media per 155 km e per un tempo che va da poche ore a più giorni.


Non esistono prove scientifiche, vere e proprie, che la magrezza di questi esemplari sia dovuta alla diminuzione dei ghiacci e quindi al dispendio energetico eccessivo per arrivare alla fonte di cibo, ma, è molto probabile che questa sia la causa.

Alla luce di questi fatti, quale sarà il destino di questi esemplari??

L’evoluzione della specie, può aiutarci a comprendere questo aspetto. Da studi genetici, di

organismi risalenti al Pleistocene (2,58 Ma-11700 ya), si è visto che questi hanno una stretta

vicinanza evolutiva con gli orsi bruni (Ursus arctos). Questa somiglianza genetica ha permesso in

passato, e permette ancora oggi, la nascita di ibridi tra queste due specie. (ultimo ritrovamento nel 2006 in natura). Il cambiamento climatico in atto, può condurre l’orso bruno sempre più a nord (nell’artico canadese) alla ricerca del clima adatto. Nel suo migrare potrebbe incontrare l’orso polare formando una nuova specie data dall’incrocio delle 2.

Il destino dell’orso polare potrebbe cambiare anche in seguito al cambio di abitudini alimentari. In effetti, smettendo di seguire le foche, potrebbero trovare una fonte alimentare alternativa come nel caso delle oche dell’artico, sempre più diffuse.

Terza ipotesi sul destino della specie è sicuramente anche l’estinzione, con la totale perdita della

specie che schiacciata da un cambiamento troppo repentino, non riuscendosi ad adattare, lascia

spazio a coloro che sono più “forti e flessibili.”

In natura vige la legge del più forte, ma se siamo noi a decidere a cosa bisogna resistere,

l’estinzione, non è proprio un fenomeno naturale, bensì una conseguenza naturale ad una causa

artefatta. Per la situazione attuale, quindi, il mio più grande augurio per voi, anzi per noi viaggiatori incalliti, è di poter vedere almeno una volta nella vita un bellissimo esemplare di Orso polare, nel suo habitat e in salute.



Articolo scritto da Maria Bruno di ENTIREOCEAN

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